Introduzione
Entrare in una nuova realtà calcistica è sempre una sfida, specialmente quando si passa da un contesto dilettantistico a uno professionistico. Quest’anno, a stagione già iniziata, ho avuto l’opportunità di entrare nello staff dell’U14 del Rimini FC come preparatore atletico. È stata la mia prima esperienza con questa fascia d’età e con una metodologia di allenamento già strutturata, dove il mio ruolo era ben definito all’interno di un programma settimanale preciso. Ho dovuto adattarmi, sperimentare e uscire dalla mia comfort zone per trovare il miglior modo per lavorare con questi ragazzi.
La struttura del lavoro: dall’adattamento alla progressione
Nelle prime settimane ho dedicato molto tempo alla ricerca e alla sperimentazione, testando esercizi e adattando il mio approccio in base alle esigenze del gruppo. Il programma prevedeva 20 minuti a seduta, una volta alla settimana, suddivisi con metà squadra alla volta. Vista la fascia d’età e le richieste dello staff tecnico, mi sono concentrato su forza, core stability e mobilità articolare, lavorando esclusivamente a corpo libero.
Il primo mese di lavoro ha seguito una linea semplice, basata su esercizi comuni come piegamenti sulle braccia, squat, affondi e addominali. Per evitare ripetitività e stimolare le capacità coordinative, ho introdotto varianti come squat e affondi con salto, piegamenti con appoggio instabile su un pallone e addominali su diversi piani di lavoro. L’obiettivo era far eseguire correttamente i movimenti, evitando stress articolari e migliorando la qualità del gesto atletico.
La strutturazione delle sedute era alternata tra:
- Sedute miste: coinvolgimento di parte superiore e inferiore del corpo.
- Sedute focalizzate: dedicate solo a una specifica parte del corpo.
- Sedute di mobilità: concentrate sugli arti inferiori, la colonna vertebrale toracica e lombare e il miglioramento della postura.
Incrementare la sfida: progressione del lavoro
Dopo le prime settimane ho notato che il gruppo rispondeva bene e che potevo alzare l’asticella. Ho quindi introdotto:
Esercizi monopodalici e balzi ripetuti con sprint.
Lavoro a coppie per stimolare competizione e interazione.
Per esempio:
Per evitare cali di attenzione ho strutturato il lavoro in stazioni circolari, in modo che i ragazzi avessero sempre un punto di riferimento visivo sui compagni e mantenessero un alto livello di coinvolgimento.
Dalla forza alla competizione
Per continuare a variare il lavoro e mantenere alta la motivazione, ho integrato esercizi di mobilità e prevenzione infortuni presi da discipline come lo yoga, migliorando la flessibilità e la postura dei ragazzi.
Inoltre, ho introdotto alcuni primal movements in chiave competitiva:
- Quadrupedia con trasporto del pallone senza mani.
- Quadrupedia dorsale (Crab Walk) con lo stesso principio.
Questi esercizi, oltre a lavorare su forza e coordinazione, introducevano una componente ludica e stimolavano il problem-solving motorio.
Il confronto con le squadre di Serie A e B
Affrontando settori giovanili strutturati come Bologna, Parma, Sassuolo e Cesena, ho notato che il nostro gap fisico si è ridotto notevolmente rispetto ad inizio stagione. Tuttavia, le differenze principali non erano più fisiche ma:
- Mentali: atteggiamento in campo, gestione della pressione e capacità di rimanere concentrati nei momenti chiave.
- Tecniche: alcuni giocatori faticano a reggere il ritmo tecnico di squadre con un livello individuale più alto.
- Di sviluppo fisico: alcune squadre hanno giocatori già più avanti nel loro percorso di crescita, capaci di coprire distanze in modo più efficace, sia con che senza palla.
Ciò dimostra come la preparazione fisica possa colmare molte lacune, ma il lavoro mentale e tecnico rimane fondamentale per competere ad alti livelli.
Lezioni apprese e prospettive future
Un aspetto chiave che ho appreso è che non esiste una soluzione universale per tutti i ragazzi. Ogni giocatore deve essere valutato nella sua singolarità, senza isolare chi è più in difficoltà.
Quando mi è stato proposto questo ruolo la mia prima reazione è stata: “Io? Ma non l’ho mai fatto!”
Ora, dopo mesi di lavoro sul campo, credo di aver iniziato a capire perché mi abbiano scelto. Non è solo una questione di conoscenze tecniche, ma di sapersi adattare, osservare, sperimentare e migliorare. Lavorare con questa squadra è stato come tornare a scuola: ho dovuto mettermi in discussione, uscire dalla mia comfort zone e accettare le difficoltà. Ma proprio per questo sto apprezzando il percorso e la possibilità che mi è stata data. Se c’è una cosa che questa esperienza mi ha insegnato è che la crescita personale non si basa sulle certezze, ma sulla capacità di metterle in discussione e migliorarsi costantemente.
Cosa vorrei migliorare?
Integrare maggiormente la preparazione fisica con l’uso del pallone, senza stravolgere la metodologia attuale, ma ampliandola.
I consigli che darei
- Essere sicuri di sé ma senza chiudersi nella propria visione.
- Mantenere sempre uno spirito autocritico: credere nelle proprie capacità ma rimettere costantemente in discussione il proprio lavoro.
- Restare vicino ai giocatori, perché il contatto diretto con loro è ciò che aiuta a migliorare davvero.
Conclusioni
Il percorso è difficile ma incredibilmente formativo. Ogni seduta è un’opportunità per imparare, sperimentare e migliorare.
Ora, con la seconda parte di stagione davanti, l’obiettivo è continuare a crescere, adattarsi e trovare nuove soluzioni per rendere i ragazzi ancora più pronti a competere con i migliori.
La strada è ancora lunga, ma il viaggio è appena iniziato.