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Constraints-led approach: come utilizzare i vincoli nelle sessioni di allenamento

20 Gennaio 2025

Nel panorama calcistico italiano, da sempre radicato alla tradizione tattica e all’approccio metodico, introdurre un sistema di allenamento basato sui vincoli può rappresentare una svolta innovativa per sviluppare giocatori più completi e consapevoli. Questo approccio, descritto in dettaglio da Ben Bartlett nel suo articolo pubblicato su The Boot Room, può essere adattato al contesto nostrano per migliorare la capacità decisionale, l’adattabilità e le competenze tecniche dei calciatori.

👉🏻 Perché i vincoli sono importanti

Il calcio è un gioco complesso. L’idea pertanto di semplificarlo con esercizi ripetitivi e standardizzati rischia di ridurre la capacità dei giocatori di leggere le situazioni di gioco reali. Introdurre vincoli nelle sessioni d’allenamento consente di creare un ambiente che replica la complessità del gioco, favorendone lo sviluppo cognitivo e tattico, senza sacrificarne la Specificità del gioco stesso.

👉🏻 I quattro pilastri del metodo

Per la progettazione delle sedute d’allenamento sono quattro i pilastri fondamentali da tenere a mente: Definizione, Decisioni, Direzione, e Differenze (le 4 D).

Definizione: assicurati che l’esercizio venga svolto nell’area del campo in cui la situazione si verifica in partita. Ad esempio, lavorare sull’ “utilizzo della zona centrale del campo” deve avvenire proprio nella zona centrale del campo. Questo garantisce che i giocatori associno immediatamente la pratica alle situazioni reali.

📝 Di questo aspetto ne è un esempio calzante quel contenitore di esercitazioni che sul sito di Ideacalcio trovate categorizzate alla voce: “situazioni di 1v1 contestualizzate a zone di campo”. Già nel 2019, infatti, avevo cominciato ad interrogarmi e a scrivere su quanto potessero essere specifiche alcune proposte che utilizzavo per allenare la situazione di duello in chiave offensiva. Guardiamo ad esempio le prossime due immagini.

Situazione di 1v1 aspecifica.
Situazione di 1v1 specifica.

Se la prima esercitazione può essere un’idea per promuovere e incentivare i cambi di direzione, che similitudini ha col gioco reale? Non moltissime. Guardando invece la seconda slide vien facile intuire quanto la complessità, rispetto alla precedente, sia decisamente più elevata. Non solo l’attaccante non si trova già in possesso e pertanto dovrà prima smarcarsi per dar vita al duello vero e proprio (se l’attaccante sarà così bravo da ricavarsi sufficiente tempo e spazio sul diretto avversario – ciò che io chiamo 1v1 senza palla – l’1v1 con la palla non inizierà nemmeno…), ma dovrà farlo in zona d’attacco, dividendosi lo spazio con un compagno che a sua volta giocherà una situazione simile (esercitazione pensata ad esempio per il calcio a 7 in un sistema di gioco che preveda l’impiego di un doppio attaccante).

Pertanto mi domando, un 1v1 al centro della zona d’attacco, piuttosto che in fascia, a centrocampo o in difesa, sarà sempre uguale? E i compagni che mi gravitano attorno (non è infatti un gioco 1v1 nemmeno nei Piccoli Amici, dove la situazione di gioco reale prevede un 3v3 per la categoria) che influenza avranno nella mia azione? Mi creeranno spazio, offrendosi come possibili opzioni di passaggio o, al contrario, aumenteranno la densità e la difficoltà del portatore?

Lo stesso ragionamento fatto ora per la situazione di duello può valere per altri obiettivi, seppur con sfumature differenti. Se infatti quanto detto sulla situazione di 1v1 credo non faccia una piega, si potrebbe pensare che un gioco di posizione o un’esercitazione posizionale svolta “qua o la” sul terreno di gioco non faccia nessuna differenza. In realtà, come ci dice il principio della definizione: assicurarci che le proposte siano eseguite dove realmente si svilupperanno, garantisce che i giocatori associno immediatamente la pratica alle situazioni reali.

Decisioni: fai in modo che i giocatori sviluppino il pensiero tattico (struttura cognitiva), come decidere se giocare palla lunga o corta, leggere i movimenti dell’avversario o scegliere il momento giusto per avanzare. Questo approccio aumenta la capacità di prendere decisioni rapide e vantaggiose.

📝 Di ciò ne abbiamo parlato in tutte le salse da molti anni qui sul sito di Ideacalcio; mi sento di dire che probabilmente è uno dei nostri tratti distintivi a livello metodologico.

Il nocciolo della questione è interrogarsi sull’interdipendenza di ogni parte del sistema (giocatore) e di come queste si influenzino l’un l’altra. Che il giocatore necessiti pertanto di essere preparato tecnicamente, tatticamente, fisicamente e mentalmente per giocare una gara, credo sia oggettivo, ma nessuna delle precedenti strutture può essere considerata come minoritaria rispetto alle altre (l’approccio analitico, promosso da Cartesio e sposato da alcuni tecnici tutt’oggi, prevede invece l’allenamento per compartimenti stagni delle sue componenti, trascurando però un’informazione fondamentale: quando un sistema viene diviso in parti perde le sue proprietà essenziali; il sistema, infatti, non è la somma dei comportamenti delle sue singole parti, bensì il prodotto delle sue interazioni).

Invece di concentrarsi sulla ripetizione meccanica, dovremmo orientarci su quel “ripetere senza ripetere(promuovere soluzioni differenti per arrivare allo stesso scopo) che mira all’adattabilità nella variabilità; che farà nettamente la differenza in situazioni caotiche e mutevoli tipiche degli sport di squadra.

Direzione: introduci obiettivi chiari e specifici, come segnare solo dopo un determinato numero di passaggi o recuperare la palla in una zona precisa del campo. Questo orienta il lavoro verso scenari concreti di gioco.

Seduta allenamento 22/03/24, categoria Giovanissimi U14

📝 Ogni allenatore “curioso e attento” credo sia alla continua ricerca di qualche nuova sfumatura da apportare all’interno della propria metodologia operativa. Le motivazioni possono essere differenti, quali ad esempio una categoria diversa che ci porta a degli aggiustamenti, l’avere o meno a disposizione uno staff o, più semplicemente, chiedersi come avvicinarsi ancor di più alla Specificità del gioco.

Proprio su quest’ultimo punto penso di aver apportato un paio di accorgimenti decisamente rilevanti negli ultimi 3-4 anni: il primo riguarda la presenza assidua di entrambe le porte (motivo per cui necessito dei portieri dall’inizio alla fine della seduta; se vogliono lavorare col mister dei portieri si allenano in una seduta supplementare). Le ragioni sono prevalentemente da attribuire in primis alla tipologia di mezzi operativi scelti: una situazione di gioco e tre o addirittura quattro partite a tema. Il perché di questa scelta è legato alla volontà di coinvolgere il più possibile i calciatori durante la seduta d’allenamento poiché se è vero che “più mi diverto e più apprendo”, dobbiamo interrogarci allora su come possiamo alzare le probabilità che i giocatori si divertano.

La risposta che mi sono dato è che sia in primo luogo necessario giocare e che occorra ricreare lo scopo del gioco reale: fare gol; occorre che i calciatori comprendano non solo ciò che stiamo promuovendo con le nostre esercitazioni, ma anche che visualizzino che l’obiettivo finale è sempre il medesimo: segnare ed evitare che gli avversari facciano altrettanto.

Differenza: varia le situazioni per permettere ai giocatori di sviluppare diverse competenze all’interno della stessa esercitazione. Ad esempio, un difensore potrebbe concentrarsi sul marcamento, mentre un centrocampista si esercita sul passaggio filtrante nello stesso contesto.

📝 C’è un articolo scritto originariamente nel 2014 (“Consigli per un allenamento divertente e coinvolgente”) qui sul sito che recita: “Utilizzare esercitazioni poliedriche. E’ più divertente utilizzare proposte che incorporino una varietà di competenze. Un esercizio dove i bambini eseguono uno slalom tra i coni e poi calciano, è più divertente di un esercizio in cui fanno solamente lo slalom”. Al di la dell’esempio specifico fatto (a leggerlo a distanza di più di 10 anni non mi piace per nulla), il concetto di base era valido già allora: sviluppare diverse competenze all’interno della stessa esercitazione.

In tal senso vorrei anche evidenziare come un aspetto importantissimo sia quello di assicurare la continuità del ciclo del gioco. Un difensore che una volta recuperata palla termina l’azione in questo modo, toglie non solo la possibilità di allenare i comportamenti in transizione (offensiva e difensiva), ma anche l’opportunità di migliorare la fase difensiva del difendente e quella difensiva dell’attaccante. Se l’obiettivo deve essere quello di sviluppare una varietà di competenze, rispettare il ciclo del gioco pare essere un elemento essenziale per rispettare il principio metodologico.

📝 In sintesi: il modello delle 4 D

✅ Direzione

✔️ Ogni esercitazione deve avere una chiara direzione di gioco
✔️ Mantenere sempre una logica competitiva
✔️ Riferimenti chiari con il modello di gioco della squadra

✅ Densità

✔️ Variare gli spazi per creare adattabilità nei giocatori
✔️ Adattare le dimensioni del campo per enfatizzare o promuovere certi aspetti tecnico-tattici piuttosto di altri

✅ Decisione

✔️ Inserire sempre elementi di scelta
✔️ Possibilità di creare situazioni di superiorità/inferiorità numerica
✔️ Variare i tempi di esecuzione (modulando gli spazi e la densità dei giocatori in campo)

✅ Differenziazione

✔️ Adattare gli obiettivi alle caratteristiche dei singoli
✔️ Permettere più soluzioni allo stesso problema
✔️ Integrare gli aspetti fisici con quelli tecnico-tattici

👉🏻 Esigenze del gioco

L’allenatore può strutturare e ricercare obiettivi per le squadre, i reparti o i singoli calciatori. Ecco tre modi per ideare esercitazioni che si collegano al tema della sessione permettendo ai giocatori di allenarsi sia nel campo che nei parametri selezionati

Le 3 R

Restrizione: un modo tradizionale con cui un allenatore può vincolare l’allenamento è quello di limitare i contatti con la palla (numero di tocchi), i movimenti e/o le decisioni che un giocatore o una squadra può eseguire. Questo può essere utile per permettere la ricerca di molte ripetizioni dell’obiettivo (ad esempio: devi giocare in avanti quando ricevi), poiché le restrizioni imposte ai giocatori assicurano che possano fare solo certe cose.

Tuttavia, ciò può ridurre il processo decisionale dei giocatori e la capacità di raccogliere informazioni sulle componenti mobili del gioco (avversari, compagni, palla), oltre ad influenzare il realismo; considerato che la restrizione li obbliga – non perché sia la cosa giusta in quel preciso istante.

Relazione: questo approccio è più rilevante per supportare i giocatori a sviluppare consapevolezza situazionale e rispondere in tempo reale alle dinamiche del gioco. Il giocatore viene incoraggiato a mettere in relazione il compito fornito con la situazione che si verifica e prendere una decisione; ad esempio: riconoscere quando giocare in avanti. Questo tipo di vincoli instillano un seme nella testa dei giocatori su cosa vorremmo che facessero (intenzioni) senza tuttavia renderlo un obbligo. Può essere supportato da domande poco frequenti che aiutano i giocatori a rivedere le decisioni che hanno preso (metodo induttivo). Per esempio: quante volte hai giocato in avanti? Cosa ti ha aiutato a giocare in avanti?

Occorre supportarli nel dare un senso alle situazioni in cui si trovano (in questo l’allenatore ricopre un ruolo chiave).

Ricompensa/Premio: “se fai questo otterrai un vantaggio”. Ad esempio, se vuoi incoraggiare un pressing alto puoi usare un campo diviso a metà e introdurre la regola che se i giocatori recuperano palla nella metà campo avversaria e segnano, ottengono tre punti. Questo tipo di approccio è una via di mezzo tra restrizione e relazione, poiché i giocatori non sono obbligati a farlo ma è probabile che lo facciano poiché il premio è maggiore.

Utilizzo della restrizione
Utilizzo del premio

📝 Come ho scritto qualche paragrafo sopra, ho apportato negli ultimi anni un paio di significativi accorgimenti nella preparazione delle mie sedute. Detto della presenza praticamente costante delle porte, il secondo aspetto riguarda proprio la rinuncia a buona parte delle restrizioni che utilizzavo in favore dei premi. Non ricordo esattamente come ci sono arrivato (sicuramente ben prima di aver scoperto la letteratura inerente al constraints-led approach) ma la motivazione sì: mi rendevo conto che le restrizioni toglievano diverse possibilità d’azione che in quel preciso momento erano altrettanto valide. Sono dunque passato da proposte in cui ad esempio “si può segnare solo se…” a “se fai quello ottieni dei vantaggi”.

Vantaggi che possono equipararsi al valore di un gol o addirittura superiori ad esso, oppure nel numero di obiettivi a cui si può accedere, due o tre porticine anziché un’unica porta ad esempio.

“Quale dei due approcci funziona maggiormente”, questa è la domanda chiave!

Mentre la restrizione promuove la ricerca esclusivamente di quell’obiettivo, con un’emergenza probabilmente maggiore, l’utilizzo dei premi migliora in modo superiore la presa di decisione, lasciando al giocatore la possibilità di agire con gradi di libertà più elevati ma direzionandolo (anziché forzarlo) verso l’emergenza di alcuni comportamenti rispetto ad altri.

Una cosa per me molto curiosa e alla quale al momento non sono ancora riuscito a dare una spiegazione (sono solo 3-4 anni che ho abbracciato totalmente questo tipo di approccio) è osservare come talvolta i comportamenti promossi emergano in quella specifica esercitazione un numero ridotto di volte per poi apparire con frequenza maggiore in attività il cui obiettivo principale sia differente. Per fare un esempio: esercitazione per promuovere le relazioni tra le due punte. Si assegnano punti bonus per ogni combinazione con e senza palla tra gli attaccanti. Queste emergono 2-3 volte in 20 minuti. Successivamente o addirittura nel corso di un’altra sessione d’allenamento, il cui obiettivo è magari la promozione della rifinitura laterale, emergono 5-6 combinazioni tra le punte.

Tra le possibili motivazioni che mi sono dato vi è che l’approccio per premi richieda più tempo per l’introiezione dei comportamenti desiderati rispetto alle restrizioni. Ciò può decisamente avere un senso, considerato che una maggior libertà d’azione aumenta considerevolmente il carico cognitivo. Tradotto: non è da considerarsi necessariamente sbagliato se un comportamento promosso emerge un ridotto numero di volte in quella esercitazione; magari i giocatori stanno solamente rielaborando ciò che stanno sperimentando. Ciò si tradurrà successivamente con una probabile presa di decisione più veloce quando avranno preso maggior confidenza coi vantaggi reali (nel gioco) che potrebbero acquisire con quegli specifici comportamenti (credo sia auspicabile pensare che tutto ciò che proponiamo ai calciatori sia fondato sul pensiero che ciò risulti utile nel contesto di gara). In sostanza: c’è bisogno che gli attaccanti capiscano che l’associarsi col compagno di reparto potrebbe tradursi in un’occasione da gol (per rimanere nell’esempio precedente).

Ecco alcune idee che possono adattate e immediatamente applicate.

Obiettivo pressing alto

Dimensioni del campo: grande

✔️ Restrizione: la squadra deve recuperare palla nella metà campo avversaria per segnare

✔️ Relazione: svantaggio di 2-0; 7 minuti per pareggiare

✔️ Premio: Recupero del pallone nella metà campo avversaria e gol = 3 punti

Obiettivo pressing medio

Dimensioni del campo: tre zone orizzontali

✔️ Restrizione: 2v1 nel loro terzo (loro vantaggio), 3v4 nel terzo centrale (nostro vantaggio), 2v2 nel nostro terzo (pari), coi giocatori zonati.

✔️ Relazione: usare una strategia di squadra per applicare pressione e recuperare palla nel terzo centrale

✔️ Premio: 10 secondi per segnare dopo il recupero del pallone. Numero di secondi rimasti sul cronometro = numero di gol

Obiettivo pressing basso

Dimensioni del campo: metà campo

✔️ Restrizione: Recuperare il pallone nella propria metà campo e concludere entro 7 secondi per poter segnare

✔️ Relazione: 8v7, stabilire una strategia di contropiede per affrontare una squadra con un giocatore in più

✔️ Premio: Sei 2-0 in vantaggio. Partita da 5 minuti utilizzando una strategia difensiva

Obiettivo difesa degli spazi

Dimensioni del campo: tre zone verticali (campo più largo che lungo)

✔️ Restrizione: Bloccati nei corridoi, 2v2 nelle zone esterne, 3v3 in quella centrale. Per segnare occorre un cross

✔️ Relazione: Riconoscere quando stringere e quando allargarsi

✔️ Premio: Portiere – ogni cross intercettato = 1 gol, Terzini/centrocampisti esterni – ogni recupero nel terzo finale mantenendo possesso = 1 gol

👉🏻 Principio di sovraccarico nella cognizione

L’idea che il campo sia più piccolo o più stretto del “normale” può talvolta essere vista con l’idea che sia irrealistica e che elimini alcuni dei principi del gioco del calcio. Tuttavia, considera il valore del principio di sovraccarico nel processo decisionale (cognizione).

📝 Sono due i punti che vorrei discutere in questo paragrafo. Il primo riguarda le modifiche alla conformazione originale del campo di gioco. E’ vero che utilizzare ad esempio forme esagonali, tubolari, pentagonali, rombi, ecc., si discosti dal contesto di gioco reale, ma è altrettanto vero che giocare con le linee perimetrali permette di promuovere alcuni comportamenti rispetto ad altri.

Utilizzare campi che prevedono poca profondità in favore della massima ampiezza possibile, può essere utile per ricercare maggiormente una manovra per vie orizzontali (meno frenetica) piuttosto che eccessivamente verticale; così come campi lunghi e stretti farebbero l’esatto contrario.

A tal proposito ricordo un episodio estremamente significativo avvenuto in questa stagione. Avevamo introdotto in via eccezionale il vincolo dei “due tocchi a disposizione” per promuovere il rimanere vicini e in aiuto del portatore in fase di possesso (questo perché la tendenza era sempre quella di andare avanti finendo per allungarsi). Le dimensioni del campo di gioco prevedevano originariamente l’impiego di tutto lo spazio a disposizione: un 90×45 con 20 giocatori presenti. Durante la partita a tema, tuttavia, nonostante il vincolo dei tocchi, la manovra di entrambe le squadre continuava a rimanere quasi esclusivamente verticale. Al termine della prima ripetizione (6 minuti) è stata inserita una porta mobile a poco più di metà campo e le cose sono improvvisamente cambiate, dando modo all’obiettivo ricercato originariamente di emergere (rimanere vicini prediligendo per lo più passaggi corti anziché lungi; che comportano un maggior rischio di errore). Questo a testimoniare quanto 30 metri in più o meno di campo non solo aumentino, riducano o spostino le finalità condizionali, ma comportano anche degli aggiustamenti nello stile di gioco.

Il secondo aspetto che merita una riflessione è: se rendiamo il processo decisionale più difficile del normale, ciò ci consentirà di migliorare la capacità decisionale del giocatore nel contesto gara.

Devo confessare una certa soddisfazione nel ritrovare in ambito internazionale un pensiero di cui da anni sono convinto: il giocatore va stressato durante la settimana, nel suo processo decisionale, in modo addirittura superiore alla gara.

E’ vero che lo stress emotivo della partita vera è impossibile da riprodurre nei nostri allenamenti (tensioni, classifica, pubblico, ecc.), ma quello decisionale sì; è tuttavia corretto sostenere che il secondo è fortemente condizionato dal primo (per questo esistono i “giocatori d’allenamento, che performano al meglio durante la settimana, e quelli da partita, che si accendono quando l’adrenalina sale; soprattutto nel settore giovanile è facile imbattersi nei primi).

Quella che vediamo nell’immagine è una delle proposte che ho catalogato alla voce situazioni caotiche di costruzione. “Costruzione” perché l’obiettivo è concentrarci sui comportamenti individuali e collettivi nella risalita del pallone, “caotiche” perché caratterizzate da improvvise transizioni numeriche (in questo specifico caso non spaziali, le dimensioni del campo rimangono invariate) che obbligano i calciatori a veloci adattamenti alla ricerca di vantaggi e disadattamenti.

L’esercitazione in questione ha una complessità decisamente superiore alla gara poiché, a differenza di questa, in cui si parte da una condizione di 11v11, le situazioni numeriche che verranno a generarsi saranno continuamente differenti, ritrovandosi in lieve o marcata parità, inferiorità o superiorità.

Provate ad esempio a risalire il campo e a fronteggiare l’avanzata rivale in condizione di P+6v5, P+6v10, P+10v10, P+10v5, ecc. Le strategie migliori da adottare saranno sempre le medesime? Dubito fortemente. La difficoltà a cui andranno in contro i giocatori sarà quella di imparare a riconoscere non solo la condizione numerica ma anche i conseguenti vantaggi e disadattamenti a favore nostri e dell’avversario.

Una condizione pertanto ben più complessa rispetto a quella della gara ma che permetterà ai giocatori di approcciarsi ai temi della variabilità e dell’imprevedibilità (due delle caratteristiche peculiari dei giochi di squadra) con maggior confidenza.

Credo di poter affermare che questo tipo di approccio metodologico, se portato avanti lungo tutto il settore giovanile con cognizione di causa, finirebbe per avvicinare al mondo degli adulti calciatori con qualche alibi in meno e con qualche soluzione in più. Confrontandomi infatti con colleghi che allenano in prima squadra, spesso sento dire che sono i giocatori stessi ad avere dei preconcetti e a richiedere delle soluzioni codificate; in modo da pensar poco e ripetere fino alla noia il compito assegnato (rimanere concentrati e prendere continue decisioni in autonomia comporta un dispendio di energia). Personalmente, occupandomi da anni di settore giovanile (la mia ultima esperienza tra i grandi risale alla stagione 2009/2010), non riesco bene a comprendere le motivazioni che dovrebbero spingere un giocatore a preferire che sia il mister a decidere per loro cosa fare. Credo piuttosto in un lavoro per intenzioni, per principi, che lasci aperte diverse soluzioni per arrivare al medesimo risultato.

👉🏻 La chiave del successo: equilibrio tra regole e creatività

L’approccio basato sui vincoli non deve soffocare la creatività dei giocatori, ma piuttosto indirizzarla verso obiettivi specifici. I vincoli limitano alcune azioni per stimolarne altre, mantenendo però il giocatore libero di prendere decisioni basate sulla situazione reale.

Ad esempio, se abbiamo in rosa un numero 10 con la tendenza a tornare indietro quando la palla arriva ai suoi piedi, perdendo opportunità di ricevere, girarsi e impensierire l’avversario, potremmo limitarlo introducendo la regola (di provocazione) “nessun passaggio di prima all’indietro”. Giocare all’indietro magari rallenterebbe il gioco (che potrebbe anche essere la decisione migliore in qualche occasione) ma non gli permetterebbe di sviluppare una miglior visione periferica e un corretto orientamento del corpo, sviluppando non solo le sue abilità tecniche ma anche decisionali.

👉🏻 Conclusioni

Integrare i vincoli nelle sessioni di allenamento rappresenta un modo efficace per sviluppare calciatori più consapevoli e preparati ad affrontare le complessità del gioco moderno. Il giocatore non è più solo esecutore ma diventa protagonista del proprio sviluppo tecnico-tattico.

I punti chiave risiedono nel bilanciare:

✅ Organizzazione

✅ Libertà decisionale del giocatore

✅ Obiettivi chiari e misurabili

✅ Competitività sana e costruttiva


Articolo ispirato da Ben Bartlett, “How to use constraints in your coaching session”, pubblicato su The Boot Room.

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